Emergenza nuoto: ben due milioni di ragazzini e adolescenti non sanno nuotare

Secondo una ricerca portata avanti dalla Libera Università degli studi di Scienze Umane e Tecnologiche di Malta, fra i 7 e i 18 anni si può parlare di “emergenza nuoto”: ben due milioni di ragazzini e adolescenti non sanno nuotare e due milioni e 700mila sanno solo galleggiare e spostarsi in avanti.
E non è finita qui, perché altri dati tratteggiano una situazione davvero drammatica:
✔l’annegamento è la terza causa di morte sotto i 15 anni
✔ ogni anno si registrano 360mila morti per annegamento
✔nel mondo, i tassi più alti di annegamento si registrano nella fascia 1-4 anni, seguita da quella 5-9 anni
✔ in Italia, la fascia d’età maggiormente colpita dall’annegamento è 15-19 anni
Eppure, il nuoto risulta essere uno degli sport inizialmente più praticati, in svariate fasce d’età.
Che cosa accade allora? Perché questo boom di iscrizioni si trasforma in un boomerang di disiscrizioni con conseguenze devastanti?
La sfera psicologica è sicuramente la prima causa da prendere in esame.
La paura dell’acqua è abbastanza comune nei bambini: si stima però che circa nel 2,5% dei casi questo timore diventi più forte, tanto da portare all’abbandono del percorso didattico.
Una sensazione di stress, legata alla difficoltà nel realizzare dei progressi, che fa percepire al bambino l’attività natatoria non come un divertimento, bensì come qualcosa di frustrante, aumentando l’agitazione e la paura.
Ancora una volta, sarà la paura ad avere la meglio.
Secondo l’ultimo rapporto dell’Unicef 1 adolescente su 7 con l’età compresa tra i 10 e i 19 anni convive con un disturbo mentale diagnosticato: ansia e/o depressione.
Con i lockdown e le restrizioni di movimento legate alla pandemia, “i bambini hanno trascorso anni indelebili della loro vita lontano dalla famiglia, dagli amici, dalle aule, dal gioco, dallo SPORT – elementi chiave dell’infanzia stessa”, ha dichiarato il direttore generale dell’UNICEF Henrietta Fore.
Forse è esagerato dire che è un tabù, di certo però oggi parlare di salute mentale non è una cosa facile né è così scontato farlo.

“La salute mentale per tutti. Facciamola diventare realtà” lo slogan della giornata.
L‘OMS ha istituito per il 10 ottobre la Giornata Mondiale del Benessere Mentale:
«L’obiettivo non è solo quello di abbattere il muro attorno all’argomento, ma anche di fornire servizi, cure e un’assistenza sanitaria efficace e accessibile a tutti. Soprattutto dopo i lunghi mesi di pandemia» spiega la dottoressa Di Iorio.
Il benessere mentale, infatti, influisce positivamente sulla vita quotidiana di tutti, grandi e piccoli «la qualità della vita è fortemente condizionata dallo stato di salute e benessere individuale ma anche collettivo. Quanto più siamo capaci di sentire le nostre emozioni, elaborare i nostri pensieri, maturare comportamenti adattivi rispetto alle situazioni ad alto impatto stressante, condurre relazioni sociali soddisfacenti, tanto più favoriamo uno stato di benessere psicofisico e sraemo più produttivi in ogni ambito della vita.”